Liberi di essere

Liberi di essere
L'Uomo: danzatore e contemplativo

mercoledì 13 aprile 2011

LENTAMENTE MUORE.



Lentamente muore chi diventa schiavo dell'abitudine, ripetendo ogni
giorno gli stessi percorsi, chi non cambia la marca, chi non
rischia e cambia colore dei vestiti, chi non parla a chi non conosce.

Muore lentamente chi evita una passione, chi preferisce il nero su
bianco e i puntini sulle "i" piuttosto che un insieme di emozioni,
proprio quelle che fanno brillare gli occhi, quelle che fanno di uno
sbadiglio un sorriso, quelle che fanno battere il cuore davanti
all'errore e ai sentimenti.

Lentamente muore chi non capovolge il tavolo, chi è infelice sul
lavoro, chi non rischia la certezza per l'incertezza, per inseguire un
sogno, chi non si permette almeno una volta nella vita di fuggire ai
consigli sensati. Lentamente muore chi non viaggia, chi non legge, chi
non ascolta musica, chi non trova grazia in se stesso. Muore lentamente
chi distrugge l'amor proprio, chi non si lascia aiutare; chi passa i
giorni a lamentarsi della propria sfortuna o della pioggia incessante.

Lentamente muore chi abbandona un progetto prima di iniziarlo, chi non
fa domande sugli argomenti che non conosce, chi non risponde quando gli
chiedono qualcosa che conosce.

Evitiamo la morte a piccole dosi, ricordando sempre che essere vivo
richiede uno sforzo di gran lunga maggiore del semplice fatto di
respirare.
Soltanto l'ardente pazienza porterà al raggiungimento di una splendida
felicità.


(P. Neruda)

RIESCO AD AMARMI QUANDO.....

Riesco ad amarmi innanzitutto quando riconosco i miei limiti, quando sono consapevole del mio corpo e dei suoi messaggi, quando riesco a rimanere in profondo ascolto dei messaggi del mio Sè.
Riesco ad amarmi quando ho il coraggio di sconfiggere i sensi di colpa che mi impediscono di porre dei limiti agli altri e quando sono capace di dare voce al mio cuore, lasciando che si manifesti.
 
Riesco ad amarmi quando riconosco le dinamiche che mi intrappolano.
 
Riesco ad amarmi quando non mi lascio deviare dal mio progetto.
 
Riesco ad amarmi quando non mi lascio spaventare dall’armonia e dall’amore che circolano in modo corale, e permetto che mi attraversino.
 
Riesco ad amarmi quando permetto agli altri di crescere.
 
Riesco infine ad amarmi quando entro in una dimensione di cura per tutto ciò che mi circonda, a partire dalle persone vicine fino alle più lontane.
 
Uno dei punti per me fondamentali, nell'esercitare la capacità di amare è il contatto con il mio Sè.
 
Il linguaggio che il Sè usa per parlarmi è un vocabolario corporeo, i messagi del corpo mi indicano la strada per accedere al dialogo con li mio Sè. Da questo punto di vista il malessere, i sintomi fisici acquistano un significato nuovo e particolare; finchè non accetto i messaggi del corpo e lotto contro di loro mi ostino a non voler trovare la strada che il mio Sè mi indica.
 
Quindi il primo passo è di accogliere il malessere e mettermi in profondo ascolto cercando di decodificare il messaggio. E questo puntualmente succede: se sono uscita di poco dai binari del mio progetto tutto si risolverà in poco tempo e riuscirò a stabilire
nuovamente il dialogo interiore con il mio Sè se invece sto vagando lontano dalla mia strada la sofferenza sarà prolungata.
 
Dipende molto da quanto tempo impiego per cogliere il messaggio contenuto nel sintomo fisico e da come riesco a rimettermi sulla giusta strada per me. Questo tempo dipende da quanto sono allenata ad ascoltare il Sè e da quando è difficile la  situazione in cui mi trovo.
 
Il primo passo quindi è non lottare contro i messaggi del corpo, ma accoglierli, entrarci in contatto il più possibile per poi decodificarli.
 
Questa è la fase più dolorosa in cui è necessario ascoltarsi.
 
Il Sè mi indica la strada, il mio progetto: questo è un altro elemento della capacità di amarmi: seguire il progetto che sento dentro di me e ogni volta che sbaglio strada il Sè mi avverte.
 
Un' altra situazione che distingue la capacità di amarmi è quando il Sè mi chiede di affrontare delle prove difficili e dolorose per realizzare il progetto che porto dentro di me, per poter continuare il mio processo di crescita come Persona.
 
Il dialogo con il mio Sè è costante, così come l'esercizio della capacità di amarmi è giornaliero. Ogni giorno devo interrogarmi su come posso volermi bene e costantemente devo mettrci impegno ed attenzione. Questo è un elemento importante: costantemente devo impegnarmi nella capacità di amarmi come fosse una pianta da annaffiare quotidianamente, se l'attenzione è giusta e sufficiente
posso farla crescere ogni giorno di più.

- MAPPA DELLA CAPACITA’ DI AMARSI -

COME CAMBIARE L' IMMAGINE DI SE.

Primavera, simbolo di rinnovamento. I raggi del sole si fanno più caldi sulla nostra pelle, la natura si risveglia dal sonno dell'inverno insieme alla nostra energia. E' la stagione ideale per trasformare la nostra immagine, far fiorire noi stessi e i nostri
progetti, così come in natura il seme si trasforma in fiore. Proviamo a guardarci allo specchio con occhi nuovi.

Ciascuno di noi, a qualsiasi età, può trasformare l'immagine di sé.
Tutti desideriamo essere accettati, amati, apprezzati, rispettati, ammirati. Quando questi bisogni primari non vengono soddisfatti possono portare ad un'immagine negativa di se stessi.

CHI SIAMO VERAMENTE?

Il Dottor Roy Martina, medico e psicologo, ha lavorato molto su questo tema e propone nei Seminari che conduce in molti Paesi, ed anche in Italia, le tecniche che l'hanno aiutato a realizzare i suoi obiettivi e a diventare campione europeo di karate e judo. Nel suo libro "Chi siamo veramente" (Tecniche Nuove), scrive: "Gran parte della nostra immagine viene determinata dalle informazioni che riceviamo da
bambini. La qualità della nostra immagine nella nostra mente si basa sulla qualità delle immagini di noi stessi che esistono nelle menti dei nostri genitori e da come veniamo fisicamente trattati da loro. E' importante conoscere quanto influisce l'ambiente su di noi. A circa sedici anni ad una persona è già stato detto mediamente 180. 000 volte che cosa non sa fare, che cosa ha fatto in modo sbagliato e che cosa
non deve fare. I vissuti possono portare ad avere un'immagine negativa di sé, alterare la propria identità, il senso del proprio valore e l' autostima. L'immagine è raccolta in ciò che pensiamo di noi, modifica il nostro atteggiamento verso la vita, influenza il nostro entusiasmo, la nostra creatività e anche le nostre possibilità di ottenere il meglio dalla vita".

Abbiamo bisogno di circondarci di persone che non distruggano la nostra immagine ma che anzi, grazie a saggi consigli, ci guidino verso una profonda e vera comprensione di noi stessi. Senza nasconderci la realtà, ci ispirino, ci sostengano nelle nostre idee, nei nostri progetti, nei nostri sogni.

LE PAURE CHE CONDIZIONANO LA NOSTRA IMMAGINE

Attraverso le seguenti domande, si definiscono alcuni dei principali comportamenti caratteristici di un'immagine negativa di sé:

1) Quanto ci fa paura il rifiuto? Essere rifiutati è una delle paure più profonde. Ha a che fare con il modo con il quale siamo stati educati. Un neonato ha dentro di sé un istinto innato di farsi amare.
Essere amato equivale a sopravvivere ed essere rifiutato rappresenta un pericolo. Il nostro subconscio ha costruito efficaci meccanismi per non essere rifiutati. Il rifiuto è una minaccia diretta alla nostra vita. Gran parte dei nostri comportamenti sono influenzati dal desiderio di essere accettati e benvoluti dagli altri.

2) Come ci comportiamo con le persone arroganti, sgradevoli o aggressive? Se viviamo questi comportamenti come un attacco personale, ne soffriamo o ci sentiamo sminuiti e ci mettiamo sulla difensiva.
Spesso gli altri ci "usano" in modo inconsapevole per sfogare le loro frustrazioni anche quando non hanno minimamente a che fare con noi. Ci sono persone sempre insoddisfatte che non riescono a far altro che scaricare sugli altri le loro frustrazioni. Quanto ci facciamo condizionare? Riusciamo a mettere delle sane distanze emotive e
considerare solo ciò che ci è utile?

3) Come ci sentiamo quando qualcuno ci critica? Il nostro modo di reagire alle critiche è determinato dall'immagine che abbiamo di noi stessi. Spesso non siamo disposti ad accettare che qualcuno ci rivolga delle critiche e ci mettiamo subito in difesa o ci ritraiamo.
Indipendentemente dal modo in cui sono espresse, possiamo cercare di non vivere ogni critica come un affronto personale e trarne ciò che può esserci utile. Anche saper muovere una critica è importante.
Riusciamo a dire onestamente all'altro ciò che vediamo e che pensiamo potrebbe essere migliorato?

4) Siamo capaci di chiedere aiuto? Dipende dall'immagine che abbiamo di noi stessi quando siamo disponibili ad aiutare gli altri ma non "osiamo" chiedere qualcosa anche se ci troviamo in difficoltà. E' importante imparare ad essere indipendenti, ma anche, se ne abbiamo bisogno, a saper chiedere aiuto agli altri. Diventare più consapevoli
migliora la nostra immagine e cambia il nostro modo di relazionarci con gli altri. Chiedere ciò che ci spetta diventa più facile.

5) Ci preoccupiamo troppo dell'opinione degli altri? Teniamo troppo conto di come gli altri ci possono considerare, dell'impressione che possiamo dare e stiamo ansiosamente attenti a fare bella figura?
Potremmo avere una debole immagine di noi stessi che ci spinge ad agire in modo da renderci sempre ben accettati anche a costo di sacrificare noi stessi.

6) Abbiamo il coraggio di dire "no" quando va detto? Quando non siamo d'accordo con ciò che qualcuno dice o fa, oppure il suo comportamento non ci piace o ci fa male, ci sabotiamo se non lo esprimiamo, se non sappiamo dire "no" per piacere agli altri, per paura che l'altro ci rifiuterà e smetterà di accettarci o di amarci.

7) Sappiamo assumerci le nostre responsabilità? Addossare sempre agli altri le proprie responsabilità è un atteggiamento che testimonia un'immagine debole o negativa di se stessi.

8) Riusciamo a farci valere? A farci rispettare in famiglia, nel lavoro, in un gruppo sociale? Ad esprimere i nostri sentimenti e le nostre emozioni? A chiedere attenzione e rivendicare ciò che sentiamo essere per noi importante?

9) Parlate a raffica o conoscete qualcuno che lo fa? Travolgere gli altri con una valanga di parole è segno di scarsa immagine di sé e di insicurezza. Cercare di attirare l'attenzione in questo modo e monopolizzare la conversazione dimostra di non essere minimamente interessati a ciò che l'interlocutore ha da raccontare e di non
saperlo ascoltare.

RIPROGRAMMARE LA MENTE

Possiamo riprogrammare la nostra mente subconscia con un nuovo modo di pensare, sentire e immaginare noi stessi, come un "software" scelto da noi per raggiungere la nostra realizzazione.

Bisogna lavorare sulla causa, non sui sintomi. Insuccesso, fallimento, infelicità, malessere, frustrazione, macanza d'energia sono alcuni sintomi causati da scarsa o cattiva immagine di sé. Pensare positivo non è sufficiente se non modifichiamo l' immagine che abbiamo di noi stessi.

Un segreto, è cominciare ad ascoltare, a sentire ciò che desideriamo.
"Creiamo ciò che vogliamo essere". Proviamo a plasmare, a modellare nella nostra mente la nostra immagine fino a trasformarla e poi manifestarla. Saremo così artefici consapevoli dell'affascinante progetto di creare chi siamo o chi vogliamo ESSERE.

( Antonella Lucato)

IL PERDONO RENDE UGUALI.

Caino e Abele, la primigenia coppia umana in conflitto. L'uno pastore nomade, l'altro agricoltore. Entrambi fecero un'offerta a Dio: Abele offrì i primogeniti del suo gregge, mentre Caino sacrificò i primi frutti del proprio raccolto. Quando Dio rifiutò l'offerta di Caino, quest'ultimo, per gelosia, uccise Abele (Genesi 4:2-16).


Ora, non esamineremo la scelta di Dio, il cui significato richiederebbe ben altra riflessione. Ci soffermeremo, piuttosto, su i due fratelli accomunati da un destino ineluttabile. Ancora una volta siamo a considerare una coppia di opposti che si scontrano per la supremazia. I due aspetti dell'essere umano: conscio e inconscio, luce ed ombra, spiritualità e materialità in perenne lotta ma, reciprocamente legati, indissolubili, complementari.

La spuntò Caino, arrogandosi il diritto del carnefice, giudice e giustiziere; o la vinse Abele, che scelse la parte della vittima sacrificale, inerme preda? L'uno assetato di "giustizia" umana e l'altro famelico di "innocenza" divina?

Il fatto è che, tra vittima e carnefice, nessuno ne esce vincitore.
Nel Karmico abbraccio dell'esistenza umana, ognuno è carico del proprio fardello e lo porge all'altro per scaricarne il peso. Ma il fardello ritorna e si scambiano i ruoli: il persecutore viene perseguito; il giusto si trasforma in aguzzino e la ruota gira intorno
al mozzo, e il carro affonda nella melma finché...

....finché una forza non giunga dal profondo dell'animo umano e dal centro del cuore divino a sanare il conflitto, ad equilibrare le parti, a fonderle in estrema sintesi.
Questa forza è il Perdono! Il dono d'amore, il patto indissolubile tra Dio e gli Uomini, tra creatura e creato, tra Sé spirituale e personalità. Ognuno perdona all'altro ciò che è stato; ognuno riconosce nell'altro ciò che anch'egli è; entrambi si ritrovano
integri, completi, nell'espressione sintetica.

L'oscurità celata nel "nemico" è la nostra ombra che vogliamo scacciare, ripudiare, combattere. Più la neghiamo e più ricompare sotto altra forma finché non venga "perdonata" nell'altro e quindi accettata in noi, svelando, in quell'istante, la propria luce.

Il perdono ci rende uguali poiché, ognuno riconosce se stesso nell'apparente diversità dell'altro. E' come quando ci guardiamo allo specchio e il lato destro ci sembra sinistro, o il diritto ci appare rovescio. Un'immagine illusoria, sdoppiata dalla specularità,
contraria a cio che riteniamo di essere e, quindi, ostile. Un'icona che solo il perdono, ossia, il riconoscimento della uguaglianza, rivelazione della realtà essenziale, può ricomporre in unità.

Il perdono è strumento d'interazione armonica tra l'individuo e la collettività. Il processo di riappacificazione libera, infatti, la cooperazione creativa, sulla base di un'equità sostanziale. Il perdono rinsalda i rapporti, produce sintonia, unione, inclusività.

Nella lunga sequenza delle nostre vite conduciamo il gioco delle parti, scambiandoci di ruolo. Ci mascheriamo da angeli o mangia fuoco, feroci briganti o nobili cavalieri, ma l'uno e l'altro albergano innoi. Attraverso il perdono, verso noi stessi e gli altri, prendiamo coscienza della dualità apparente che separa Abele da Caino, la vittima dal carnefice, il bene dal male, lo Spirito dalla Materia, e procediamo verso quella pacificazione interiore che apre i cuori alla fratellanza.

- EDOARDO CONTE -