Vivi la vita senza divisioni. La libertà dal mondo esteriore non nasce scappandone via, ma vivendolo totalmente; a quel punto, non c'è nessun altro luogo in cui andare. Resta solo una dimensione, ed è naturale desiderare di esplorarla. Impegnati con tutto il cuore, agisci con tutta l'intensità di cui sei capaCE. LA GIOIA AFFIORA QUANDO SEI TOTALE.
Liberi di essere
martedì 19 aprile 2011
KAHLIL GIBRAN
Ci sono quelli che danno poco del molto che hanno
e lo danno per ottenere riconoscenza,
ma questo segreto desiderio guasta i loro doni.
E ci sono quelli che hanno poco e danno molto.
Sono proprio loro quelli che credono nella vita
e nella generosità della vita e il loro scrigno non è mai vuoto.
Ci sono quelli che danno con gioia,
e questa gioia è la loro ricompensa.
E ci sono quelli che danno con dolore,
e questo dolore è il loro battesimo.
E' bene dare quando si è richiesti, ma è meglio dare quando,
pur non essendo richiesti, si comprendono i bisogni degli altri.
Tutto ciò che hai, un giorno o l'altro sarà dato via.
Perciò da' adesso, così che la stagione del dare sia la tua,
non quella dei tuoi eredi."
(Kahlil gibran) ♥♥♥
L' AMORE NON E' UN PRENDERE, BENSì UN CONDIVIDERE.
L'amore non è ciò che si sente di solito. L'amore comune non è che una finzione; dietro di esso si nasconde dell'altro. L'amore autentico è un fenomeno totalmente diverso: non è un pretendere, bensì un condividere; non conosce il chiedere, ma la gioia del dare.
L'amore ordinario pretende tanto e troppo, quello autentico non è per nulla avido: esiste, semplicemente. L'amore ordinario diventa in pratica qualcosa di nauseabondo, di melenso, di insopportabile, ciò che si definisce una "sdolcinatura". L'amore autentico è un nutrimento, rafforza la tua anima. L'amore comune non fa che nutrire il tuo ego: non il tuo se autentico, ma quello fittizzio. Ricorda: l'irreale nutre sempre ciò che è irreale, il reale nutre ciò che è reale.
Mettiti al servizio dell'amore autentico, cioè dell'amore al suo livello più puro, dona, condividi tutto ciò che hai, e godi nel condividere. Non farlo come un dovere, perchè in tal caso tutta la gioia sparirebbe, e non pensare che stai facendo un favore all'altro, non pensarlo mai, nemmeno per un momento. L'amore non è mai un favore; al contrario, quando qualcuno riceve il tuo amore, tu hai la sensazione di ricevere un favore. L'amore è grato di essere stato ricevuto.
L'amore non desidera mai nè ricompense nè ringraziamenti. Se dall'altra parte arriva della gratitudine, l'amore è sempre sorpreso; è una piacevole sorpresa, perchè non c'erano aspettative.
Non puoi frustrare un amore autentico perchè, in primo luogo, non esiste aspettativa, nè puoi appagare un amore inautentico, perchè è così radicato nell'aspettativa che, qualunque cosa venga fatta, risulterà sempre inadeguata. La sua aspettativa è troppo grande, nessuno può soddisfarla. Per cui l'amore inautentico provoca sempre frustrazione, mentre l'amore vero porta sempre appagamento.
E quando dico: " Mettiti al servizio dell'amore", non sto dicendo di metterti al servizio di qualcuno che ami; no, nient'affatto. Non sto dicendo di metterti al servizio di un amante, ma dell'amore. Bisognerebbe venerare l'idea stessa dell'amore. La persona che ami è solo una delle forme di quell'idea pura, ma l'esistenza intera non contiene altro che milioni di forme di quell'idea. Il fiore è un'idea, una forma, la luna un'altra, la persona che ami un'altra ancora... tuo figlio, tua madre, tuo padre sono tutte forme, onde dell'oceano dell'amore. Ma non trasformarti mai nel servitore della persona che ami, ricorda sempre che la persona che ami è solo una minuscola espressione dell'amore.
Servi l'amore attraverso la persona amata, in modo da non attaccarti mai a quest'ultima. E quando non si è attaccati alla persona amata, l'amore raggiunge le vette più alte. Nell'istante in cui ci si attacca, si comincia a cadere verso il basso.
L'amore conosce la compassione, non la preoccupazione. Qualunque sia il bisogno l'amore è premuroso, ma non preoccupato.
Ricerca, medita sull'amore, sperimenta. L'amore è il più grande esperimento della vita, e coloro che vivono senza sperimentare l'energia dell'amore non sapranno mai che cos'è la vita. Si limiteranno a restare sulla superficie, senza scendere nelle sue profondità.
( OSHO- Con te e senza di te.)
lunedì 18 aprile 2011
I PRINCIPI DEL DALAI LAMA.
1 _Tieni sempre conto del fatto che un grande amore e dei grandi risultati comportano un grande rischio.
2 _Quando perdi, non perdere la lezione.
3 _Segui sempre le 3 "R": Rispetto per te stesso, Rispetto per gli altri, Responsabilità per le tue azioni.
4 _Ricorda che non ottenere quel che si vuole può essere talvolta un meraviglioso colpo di fortuna.
5 _Impara le regole, affinché tu possa infrangerle in modo appropriato.
6 _Non permettere che una piccola disputa danneggi una grande amicizia.
7 _Quando ti accorgi di aver commesso un errore, fai immediatamente qualcosa per correggerlo.
8 _Trascorri un po' di tempo da solo ogni giorno.
9 _Apri le braccia al cambiamento, ma non lasciar andare i tuoi valori.
10 _Ricorda che talvolta il silenzio è la migliore risposta.
11 _Vivi una buona, onorevole vita, di modo che, quando ci ripenserai da vecchio, potrai godertela una seconda volta.
12 _Un'atmosfera amorevole nella tua casa dev'essere il fondamento della tua vita.
13 _Quando ti trovi in disaccordo con le persone a te care, affronta soltanto il problema attuale, senza tirare in ballo il passato.
14 _Condividi la tua conoscenza. E' un modo di raggiungere l'immortalità.
15 _Sii gentile con la Terra.
16 _Almeno una volta l'anno, vai in un posto dove non sei mai stato prima.
17 _Ricorda che il miglior rapporto è quello in cui ci si ama di più di quanto si abbia bisogno l'uno dell'altro.
18 _Giudica il tuo successo in relazione a ciò a cui hai dovuto rinunciare per ottenerlo.
(Dalai Lama)
mercoledì 13 aprile 2011
LENTAMENTE MUORE.
Lentamente muore chi diventa schiavo dell'abitudine, ripetendo ogni
giorno gli stessi percorsi, chi non cambia la marca, chi non
rischia e cambia colore dei vestiti, chi non parla a chi non conosce.
Muore lentamente chi evita una passione, chi preferisce il nero su
bianco e i puntini sulle "i" piuttosto che un insieme di emozioni,
proprio quelle che fanno brillare gli occhi, quelle che fanno di uno
sbadiglio un sorriso, quelle che fanno battere il cuore davanti
all'errore e ai sentimenti.
Lentamente muore chi non capovolge il tavolo, chi è infelice sul
lavoro, chi non rischia la certezza per l'incertezza, per inseguire un
sogno, chi non si permette almeno una volta nella vita di fuggire ai
consigli sensati. Lentamente muore chi non viaggia, chi non legge, chi
non ascolta musica, chi non trova grazia in se stesso. Muore lentamente
chi distrugge l'amor proprio, chi non si lascia aiutare; chi passa i
giorni a lamentarsi della propria sfortuna o della pioggia incessante.
Lentamente muore chi abbandona un progetto prima di iniziarlo, chi non
fa domande sugli argomenti che non conosce, chi non risponde quando gli
chiedono qualcosa che conosce.
Evitiamo la morte a piccole dosi, ricordando sempre che essere vivo
richiede uno sforzo di gran lunga maggiore del semplice fatto di
respirare.
Soltanto l'ardente pazienza porterà al raggiungimento di una splendida
felicità.
(P. Neruda)
RIESCO AD AMARMI QUANDO.....
Riesco ad amarmi innanzitutto quando riconosco i miei limiti, quando sono consapevole del mio corpo e dei suoi messaggi, quando riesco a rimanere in profondo ascolto dei messaggi del mio Sè.
Riesco ad amarmi quando ho il coraggio di sconfiggere i sensi di colpa che mi impediscono di porre dei limiti agli altri e quando sono capace di dare voce al mio cuore, lasciando che si manifesti.
Riesco ad amarmi quando riconosco le dinamiche che mi intrappolano.
Riesco ad amarmi quando non mi lascio deviare dal mio progetto.
Riesco ad amarmi quando non mi lascio spaventare dall’armonia e dall’amore che circolano in modo corale, e permetto che mi attraversino.
Riesco ad amarmi quando permetto agli altri di crescere.
Riesco infine ad amarmi quando entro in una dimensione di cura per tutto ciò che mi circonda, a partire dalle persone vicine fino alle più lontane.
Uno dei punti per me fondamentali, nell'esercitare la capacità di amare è il contatto con il mio Sè.
Il linguaggio che il Sè usa per parlarmi è un vocabolario corporeo, i messagi del corpo mi indicano la strada per accedere al dialogo con li mio Sè. Da questo punto di vista il malessere, i sintomi fisici acquistano un significato nuovo e particolare; finchè non accetto i messaggi del corpo e lotto contro di loro mi ostino a non voler trovare la strada che il mio Sè mi indica.
Quindi il primo passo è di accogliere il malessere e mettermi in profondo ascolto cercando di decodificare il messaggio. E questo puntualmente succede: se sono uscita di poco dai binari del mio progetto tutto si risolverà in poco tempo e riuscirò a stabilire
nuovamente il dialogo interiore con il mio Sè se invece sto vagando lontano dalla mia strada la sofferenza sarà prolungata.
Dipende molto da quanto tempo impiego per cogliere il messaggio contenuto nel sintomo fisico e da come riesco a rimettermi sulla giusta strada per me. Questo tempo dipende da quanto sono allenata ad ascoltare il Sè e da quando è difficile la situazione in cui mi trovo.
Il primo passo quindi è non lottare contro i messaggi del corpo, ma accoglierli, entrarci in contatto il più possibile per poi decodificarli.
Questa è la fase più dolorosa in cui è necessario ascoltarsi.
Il Sè mi indica la strada, il mio progetto: questo è un altro elemento della capacità di amarmi: seguire il progetto che sento dentro di me e ogni volta che sbaglio strada il Sè mi avverte.
Un' altra situazione che distingue la capacità di amarmi è quando il Sè mi chiede di affrontare delle prove difficili e dolorose per realizzare il progetto che porto dentro di me, per poter continuare il mio processo di crescita come Persona.
Il dialogo con il mio Sè è costante, così come l'esercizio della capacità di amarmi è giornaliero. Ogni giorno devo interrogarmi su come posso volermi bene e costantemente devo mettrci impegno ed attenzione. Questo è un elemento importante: costantemente devo impegnarmi nella capacità di amarmi come fosse una pianta da annaffiare quotidianamente, se l'attenzione è giusta e sufficiente
posso farla crescere ogni giorno di più.
- MAPPA DELLA CAPACITA’ DI AMARSI -
COME CAMBIARE L' IMMAGINE DI SE.
Primavera, simbolo di rinnovamento. I raggi del sole si fanno più caldi sulla nostra pelle, la natura si risveglia dal sonno dell'inverno insieme alla nostra energia. E' la stagione ideale per trasformare la nostra immagine, far fiorire noi stessi e i nostri
progetti, così come in natura il seme si trasforma in fiore. Proviamo a guardarci allo specchio con occhi nuovi.
Ciascuno di noi, a qualsiasi età, può trasformare l'immagine di sé.
Tutti desideriamo essere accettati, amati, apprezzati, rispettati, ammirati. Quando questi bisogni primari non vengono soddisfatti possono portare ad un'immagine negativa di se stessi.
CHI SIAMO VERAMENTE?
Il Dottor Roy Martina, medico e psicologo, ha lavorato molto su questo tema e propone nei Seminari che conduce in molti Paesi, ed anche in Italia, le tecniche che l'hanno aiutato a realizzare i suoi obiettivi e a diventare campione europeo di karate e judo. Nel suo libro "Chi siamo veramente" (Tecniche Nuove), scrive: "Gran parte della nostra immagine viene determinata dalle informazioni che riceviamo da
bambini. La qualità della nostra immagine nella nostra mente si basa sulla qualità delle immagini di noi stessi che esistono nelle menti dei nostri genitori e da come veniamo fisicamente trattati da loro. E' importante conoscere quanto influisce l'ambiente su di noi. A circa sedici anni ad una persona è già stato detto mediamente 180. 000 volte che cosa non sa fare, che cosa ha fatto in modo sbagliato e che cosa
non deve fare. I vissuti possono portare ad avere un'immagine negativa di sé, alterare la propria identità, il senso del proprio valore e l' autostima. L'immagine è raccolta in ciò che pensiamo di noi, modifica il nostro atteggiamento verso la vita, influenza il nostro entusiasmo, la nostra creatività e anche le nostre possibilità di ottenere il meglio dalla vita".
Abbiamo bisogno di circondarci di persone che non distruggano la nostra immagine ma che anzi, grazie a saggi consigli, ci guidino verso una profonda e vera comprensione di noi stessi. Senza nasconderci la realtà, ci ispirino, ci sostengano nelle nostre idee, nei nostri progetti, nei nostri sogni.
LE PAURE CHE CONDIZIONANO LA NOSTRA IMMAGINE
Attraverso le seguenti domande, si definiscono alcuni dei principali comportamenti caratteristici di un'immagine negativa di sé:
1) Quanto ci fa paura il rifiuto? Essere rifiutati è una delle paure più profonde. Ha a che fare con il modo con il quale siamo stati educati. Un neonato ha dentro di sé un istinto innato di farsi amare.
Essere amato equivale a sopravvivere ed essere rifiutato rappresenta un pericolo. Il nostro subconscio ha costruito efficaci meccanismi per non essere rifiutati. Il rifiuto è una minaccia diretta alla nostra vita. Gran parte dei nostri comportamenti sono influenzati dal desiderio di essere accettati e benvoluti dagli altri.
2) Come ci comportiamo con le persone arroganti, sgradevoli o aggressive? Se viviamo questi comportamenti come un attacco personale, ne soffriamo o ci sentiamo sminuiti e ci mettiamo sulla difensiva.
Spesso gli altri ci "usano" in modo inconsapevole per sfogare le loro frustrazioni anche quando non hanno minimamente a che fare con noi. Ci sono persone sempre insoddisfatte che non riescono a far altro che scaricare sugli altri le loro frustrazioni. Quanto ci facciamo condizionare? Riusciamo a mettere delle sane distanze emotive e
considerare solo ciò che ci è utile?
3) Come ci sentiamo quando qualcuno ci critica? Il nostro modo di reagire alle critiche è determinato dall'immagine che abbiamo di noi stessi. Spesso non siamo disposti ad accettare che qualcuno ci rivolga delle critiche e ci mettiamo subito in difesa o ci ritraiamo.
Indipendentemente dal modo in cui sono espresse, possiamo cercare di non vivere ogni critica come un affronto personale e trarne ciò che può esserci utile. Anche saper muovere una critica è importante.
Riusciamo a dire onestamente all'altro ciò che vediamo e che pensiamo potrebbe essere migliorato?
4) Siamo capaci di chiedere aiuto? Dipende dall'immagine che abbiamo di noi stessi quando siamo disponibili ad aiutare gli altri ma non "osiamo" chiedere qualcosa anche se ci troviamo in difficoltà. E' importante imparare ad essere indipendenti, ma anche, se ne abbiamo bisogno, a saper chiedere aiuto agli altri. Diventare più consapevoli
migliora la nostra immagine e cambia il nostro modo di relazionarci con gli altri. Chiedere ciò che ci spetta diventa più facile.
5) Ci preoccupiamo troppo dell'opinione degli altri? Teniamo troppo conto di come gli altri ci possono considerare, dell'impressione che possiamo dare e stiamo ansiosamente attenti a fare bella figura?
Potremmo avere una debole immagine di noi stessi che ci spinge ad agire in modo da renderci sempre ben accettati anche a costo di sacrificare noi stessi.
6) Abbiamo il coraggio di dire "no" quando va detto? Quando non siamo d'accordo con ciò che qualcuno dice o fa, oppure il suo comportamento non ci piace o ci fa male, ci sabotiamo se non lo esprimiamo, se non sappiamo dire "no" per piacere agli altri, per paura che l'altro ci rifiuterà e smetterà di accettarci o di amarci.
7) Sappiamo assumerci le nostre responsabilità? Addossare sempre agli altri le proprie responsabilità è un atteggiamento che testimonia un'immagine debole o negativa di se stessi.
8) Riusciamo a farci valere? A farci rispettare in famiglia, nel lavoro, in un gruppo sociale? Ad esprimere i nostri sentimenti e le nostre emozioni? A chiedere attenzione e rivendicare ciò che sentiamo essere per noi importante?
9) Parlate a raffica o conoscete qualcuno che lo fa? Travolgere gli altri con una valanga di parole è segno di scarsa immagine di sé e di insicurezza. Cercare di attirare l'attenzione in questo modo e monopolizzare la conversazione dimostra di non essere minimamente interessati a ciò che l'interlocutore ha da raccontare e di non
saperlo ascoltare.
RIPROGRAMMARE LA MENTE
Possiamo riprogrammare la nostra mente subconscia con un nuovo modo di pensare, sentire e immaginare noi stessi, come un "software" scelto da noi per raggiungere la nostra realizzazione.
Bisogna lavorare sulla causa, non sui sintomi. Insuccesso, fallimento, infelicità, malessere, frustrazione, macanza d'energia sono alcuni sintomi causati da scarsa o cattiva immagine di sé. Pensare positivo non è sufficiente se non modifichiamo l' immagine che abbiamo di noi stessi.
Un segreto, è cominciare ad ascoltare, a sentire ciò che desideriamo.
"Creiamo ciò che vogliamo essere". Proviamo a plasmare, a modellare nella nostra mente la nostra immagine fino a trasformarla e poi manifestarla. Saremo così artefici consapevoli dell'affascinante progetto di creare chi siamo o chi vogliamo ESSERE.
progetti, così come in natura il seme si trasforma in fiore. Proviamo a guardarci allo specchio con occhi nuovi.
Ciascuno di noi, a qualsiasi età, può trasformare l'immagine di sé.
Tutti desideriamo essere accettati, amati, apprezzati, rispettati, ammirati. Quando questi bisogni primari non vengono soddisfatti possono portare ad un'immagine negativa di se stessi.
CHI SIAMO VERAMENTE?
Il Dottor Roy Martina, medico e psicologo, ha lavorato molto su questo tema e propone nei Seminari che conduce in molti Paesi, ed anche in Italia, le tecniche che l'hanno aiutato a realizzare i suoi obiettivi e a diventare campione europeo di karate e judo. Nel suo libro "Chi siamo veramente" (Tecniche Nuove), scrive: "Gran parte della nostra immagine viene determinata dalle informazioni che riceviamo da
bambini. La qualità della nostra immagine nella nostra mente si basa sulla qualità delle immagini di noi stessi che esistono nelle menti dei nostri genitori e da come veniamo fisicamente trattati da loro. E' importante conoscere quanto influisce l'ambiente su di noi. A circa sedici anni ad una persona è già stato detto mediamente 180. 000 volte che cosa non sa fare, che cosa ha fatto in modo sbagliato e che cosa
non deve fare. I vissuti possono portare ad avere un'immagine negativa di sé, alterare la propria identità, il senso del proprio valore e l' autostima. L'immagine è raccolta in ciò che pensiamo di noi, modifica il nostro atteggiamento verso la vita, influenza il nostro entusiasmo, la nostra creatività e anche le nostre possibilità di ottenere il meglio dalla vita".
Abbiamo bisogno di circondarci di persone che non distruggano la nostra immagine ma che anzi, grazie a saggi consigli, ci guidino verso una profonda e vera comprensione di noi stessi. Senza nasconderci la realtà, ci ispirino, ci sostengano nelle nostre idee, nei nostri progetti, nei nostri sogni.
LE PAURE CHE CONDIZIONANO LA NOSTRA IMMAGINE
Attraverso le seguenti domande, si definiscono alcuni dei principali comportamenti caratteristici di un'immagine negativa di sé:
1) Quanto ci fa paura il rifiuto? Essere rifiutati è una delle paure più profonde. Ha a che fare con il modo con il quale siamo stati educati. Un neonato ha dentro di sé un istinto innato di farsi amare.
Essere amato equivale a sopravvivere ed essere rifiutato rappresenta un pericolo. Il nostro subconscio ha costruito efficaci meccanismi per non essere rifiutati. Il rifiuto è una minaccia diretta alla nostra vita. Gran parte dei nostri comportamenti sono influenzati dal desiderio di essere accettati e benvoluti dagli altri.
2) Come ci comportiamo con le persone arroganti, sgradevoli o aggressive? Se viviamo questi comportamenti come un attacco personale, ne soffriamo o ci sentiamo sminuiti e ci mettiamo sulla difensiva.
Spesso gli altri ci "usano" in modo inconsapevole per sfogare le loro frustrazioni anche quando non hanno minimamente a che fare con noi. Ci sono persone sempre insoddisfatte che non riescono a far altro che scaricare sugli altri le loro frustrazioni. Quanto ci facciamo condizionare? Riusciamo a mettere delle sane distanze emotive e
considerare solo ciò che ci è utile?
3) Come ci sentiamo quando qualcuno ci critica? Il nostro modo di reagire alle critiche è determinato dall'immagine che abbiamo di noi stessi. Spesso non siamo disposti ad accettare che qualcuno ci rivolga delle critiche e ci mettiamo subito in difesa o ci ritraiamo.
Indipendentemente dal modo in cui sono espresse, possiamo cercare di non vivere ogni critica come un affronto personale e trarne ciò che può esserci utile. Anche saper muovere una critica è importante.
Riusciamo a dire onestamente all'altro ciò che vediamo e che pensiamo potrebbe essere migliorato?
4) Siamo capaci di chiedere aiuto? Dipende dall'immagine che abbiamo di noi stessi quando siamo disponibili ad aiutare gli altri ma non "osiamo" chiedere qualcosa anche se ci troviamo in difficoltà. E' importante imparare ad essere indipendenti, ma anche, se ne abbiamo bisogno, a saper chiedere aiuto agli altri. Diventare più consapevoli
migliora la nostra immagine e cambia il nostro modo di relazionarci con gli altri. Chiedere ciò che ci spetta diventa più facile.
5) Ci preoccupiamo troppo dell'opinione degli altri? Teniamo troppo conto di come gli altri ci possono considerare, dell'impressione che possiamo dare e stiamo ansiosamente attenti a fare bella figura?
Potremmo avere una debole immagine di noi stessi che ci spinge ad agire in modo da renderci sempre ben accettati anche a costo di sacrificare noi stessi.
6) Abbiamo il coraggio di dire "no" quando va detto? Quando non siamo d'accordo con ciò che qualcuno dice o fa, oppure il suo comportamento non ci piace o ci fa male, ci sabotiamo se non lo esprimiamo, se non sappiamo dire "no" per piacere agli altri, per paura che l'altro ci rifiuterà e smetterà di accettarci o di amarci.
7) Sappiamo assumerci le nostre responsabilità? Addossare sempre agli altri le proprie responsabilità è un atteggiamento che testimonia un'immagine debole o negativa di se stessi.
8) Riusciamo a farci valere? A farci rispettare in famiglia, nel lavoro, in un gruppo sociale? Ad esprimere i nostri sentimenti e le nostre emozioni? A chiedere attenzione e rivendicare ciò che sentiamo essere per noi importante?
9) Parlate a raffica o conoscete qualcuno che lo fa? Travolgere gli altri con una valanga di parole è segno di scarsa immagine di sé e di insicurezza. Cercare di attirare l'attenzione in questo modo e monopolizzare la conversazione dimostra di non essere minimamente interessati a ciò che l'interlocutore ha da raccontare e di non
saperlo ascoltare.
RIPROGRAMMARE LA MENTE
Possiamo riprogrammare la nostra mente subconscia con un nuovo modo di pensare, sentire e immaginare noi stessi, come un "software" scelto da noi per raggiungere la nostra realizzazione.
Bisogna lavorare sulla causa, non sui sintomi. Insuccesso, fallimento, infelicità, malessere, frustrazione, macanza d'energia sono alcuni sintomi causati da scarsa o cattiva immagine di sé. Pensare positivo non è sufficiente se non modifichiamo l' immagine che abbiamo di noi stessi.
Un segreto, è cominciare ad ascoltare, a sentire ciò che desideriamo.
"Creiamo ciò che vogliamo essere". Proviamo a plasmare, a modellare nella nostra mente la nostra immagine fino a trasformarla e poi manifestarla. Saremo così artefici consapevoli dell'affascinante progetto di creare chi siamo o chi vogliamo ESSERE.
( Antonella Lucato)
IL PERDONO RENDE UGUALI.
Caino e Abele, la primigenia coppia umana in conflitto. L'uno pastore nomade, l'altro agricoltore. Entrambi fecero un'offerta a Dio: Abele offrì i primogeniti del suo gregge, mentre Caino sacrificò i primi frutti del proprio raccolto. Quando Dio rifiutò l'offerta di Caino, quest'ultimo, per gelosia, uccise Abele (Genesi 4:2-16).
Ora, non esamineremo la scelta di Dio, il cui significato richiederebbe ben altra riflessione. Ci soffermeremo, piuttosto, su i due fratelli accomunati da un destino ineluttabile. Ancora una volta siamo a considerare una coppia di opposti che si scontrano per la supremazia. I due aspetti dell'essere umano: conscio e inconscio, luce ed ombra, spiritualità e materialità in perenne lotta ma, reciprocamente legati, indissolubili, complementari.
La spuntò Caino, arrogandosi il diritto del carnefice, giudice e giustiziere; o la vinse Abele, che scelse la parte della vittima sacrificale, inerme preda? L'uno assetato di "giustizia" umana e l'altro famelico di "innocenza" divina?
Il fatto è che, tra vittima e carnefice, nessuno ne esce vincitore.
Nel Karmico abbraccio dell'esistenza umana, ognuno è carico del proprio fardello e lo porge all'altro per scaricarne il peso. Ma il fardello ritorna e si scambiano i ruoli: il persecutore viene perseguito; il giusto si trasforma in aguzzino e la ruota gira intorno
al mozzo, e il carro affonda nella melma finché...
....finché una forza non giunga dal profondo dell'animo umano e dal centro del cuore divino a sanare il conflitto, ad equilibrare le parti, a fonderle in estrema sintesi.
Questa forza è il Perdono! Il dono d'amore, il patto indissolubile tra Dio e gli Uomini, tra creatura e creato, tra Sé spirituale e personalità. Ognuno perdona all'altro ciò che è stato; ognuno riconosce nell'altro ciò che anch'egli è; entrambi si ritrovano
integri, completi, nell'espressione sintetica.
L'oscurità celata nel "nemico" è la nostra ombra che vogliamo scacciare, ripudiare, combattere. Più la neghiamo e più ricompare sotto altra forma finché non venga "perdonata" nell'altro e quindi accettata in noi, svelando, in quell'istante, la propria luce.
Il perdono ci rende uguali poiché, ognuno riconosce se stesso nell'apparente diversità dell'altro. E' come quando ci guardiamo allo specchio e il lato destro ci sembra sinistro, o il diritto ci appare rovescio. Un'immagine illusoria, sdoppiata dalla specularità,
contraria a cio che riteniamo di essere e, quindi, ostile. Un'icona che solo il perdono, ossia, il riconoscimento della uguaglianza, rivelazione della realtà essenziale, può ricomporre in unità.
Il perdono è strumento d'interazione armonica tra l'individuo e la collettività. Il processo di riappacificazione libera, infatti, la cooperazione creativa, sulla base di un'equità sostanziale. Il perdono rinsalda i rapporti, produce sintonia, unione, inclusività.
Nella lunga sequenza delle nostre vite conduciamo il gioco delle parti, scambiandoci di ruolo. Ci mascheriamo da angeli o mangia fuoco, feroci briganti o nobili cavalieri, ma l'uno e l'altro albergano innoi. Attraverso il perdono, verso noi stessi e gli altri, prendiamo coscienza della dualità apparente che separa Abele da Caino, la vittima dal carnefice, il bene dal male, lo Spirito dalla Materia, e procediamo verso quella pacificazione interiore che apre i cuori alla fratellanza.
- EDOARDO CONTE -
martedì 12 aprile 2011
LA CONOSCENZA DI SE' .
I problemi del mondo sono così colossali, così estremamente complessi, che
per comprenderli e risolverli bisogna affrontarli in maniera molto semplice
e diretta; ma, la semplicità, la risolutezza, non dipendono da circostanze
esterne, né da particolari pregiudizi e umori. La soluzione non si può
trovare attraverso conferenze e progetti, né può consistere nella
sostituzione dei vecchi capi con nuovi capi, o altre misure simili. La
soluzione è da cercare invece alla fonte del problema, ossia nel
responsabile della malvagità, dell'odio e dell'enorme incomprensione che
esiste fra gli esseri umani. Il responsabile di tale malvagità, la fonte di
tutti questi problemi, è l'individuo, siamo voi e io, non il mondo così come
siamo abituati a raffigurarcelo. Il mondo è il nostro rapporto con gli
altri, non qualcosa di separato da voi e me; il mondo, la società, è il
rapporto che stabiliamo o cerchiamo di stabilire fra ciascuno di noi.
Dunque, il problema siamo voi e io, e non il mondo, perché il mondo non è
altro che la proiezione di noi stessi e comprendere il mondo vuol dire
comprendere noi stessi. Il mondo non è separato da noi; noi siamo il mondo,
e i nostri problemi sono i problemi del mondo. Non mi stancherò mai di
ripeterlo, perché l'apatia è talmente radicata nella nostra mentalità che
pensiamo che i problemi del mondo non ci riguardino, che a risolverli ci
deve pensare l'ONU o che sia sufficiente sostituire i vecchi leader con
nuovi dirigenti. E' una mentalità molto ottusa quella che ragiona così,
perché siamo noi i responsabili della spaventosa infelicità e confusione del
mondo, di questa minaccia costante di guerra.
Per cambiare il mondo dobbiamo partire da noi stessi; e
quel che conta nel partire da noi stessi è l'intenzione. L'intenzione che
deve guidarci è quella di comprendere noi stessi e di non lasciare soltanto
ad altri il compito di trasformare se stessi, o di produrre un cambiamento
limitato attraverso la rivoluzione, che sia di sinistra o di destra. E'
importante capire che è questa la nostra responsabilità, vostra e mia;
perché, per quanto piccolo possa essere il nostro mondo personale, se
riusciamo a trasformare noi stessi, schiudendo un orizzonte completamente
diverso nella nostra esistenza quotidiana, allora forse sapremo influire sul
mondo in generale, sulla rete estesa di rapporti con gli altri.
Cercheremo allora di scoprire il processo che conduce alla comprensione di
noi stessi e che non è un processo isolante. Non si tratta di ritirarsi dal
mondo, perché non si può vivere in isolamento. Essere vuol dire essere in
relazione, e il concetto stesso del vivere in isolamento è impensabile. E'
la mancanza di rapporti giusti che produce conflitti, infelicità, ostilità;
per quanto piccolo possa essere il nostro mondo, se riusciamo a trasformare
i rapporti all'interno di quel mondo ristretto, il risultato sarà come
un'onda che si ripercuote all'infinito verso l'esterno. Credo sia importante
capire questo punto, ossia che il mondo è fatto dei nostri rapporti, per
quanto limitati; e se riusciamo a produrre una trasformazione su quel piano,
una trasformazione non superficiale, ma radicale, allora avremo dato avvio a
una trasformazione attiva del mondo.
La vera rivoluzione non risponde a questo, o quel modello, di sinistra o di
destra: è invece una rivoluzione di valori, una rivoluzione che dai valori
di senso comune porta a valori che non sono di senso comune, né sono creati
dalle influenze ambientali. Per trovare questi veri valori che produrranno
una rivoluzione radicale, una trasformazione o rigenerazione, è essenziale
comprendere se stessi.
La conoscenza di sé è l'inizio della saggezza e,
dunque, l'inizio della trasformazione o rigenerazione.
Per comprendere se stessi ci deve essere l'intenzione di comprendere - ed è
lì che insorgono le prime difficoltà.
Benché la maggior parte di noi sia scontenta, pur
desiderando produrre un cambiamento improvviso, ci limitiamo a incanalare lo
scontento per conseguire un certo risultato; spinti dall'insoddisfazione, ci
cerchiamo un altro lavoro, o semplicemente ci pieghiamo alle pressioni
dell'ambiente circostante. Invece di infiammare le nostre menti, spingendoci
così a mettere in discussione la vita, l'intero processo dell'esistenza, lo
scontento viene incanalato, e di conseguenza diventiamo mediocri, perdiamo
quella intensità, quell'impulso a scoprire l'intero significato
dell'esistenza.
Perciò è importante scoprire queste cose autonomamente, perché
l'autoconoscenza non può essere trasmessa da altri, non si trova in alcun
libro. Dobbiamo scoprire, e perché ci sia scoperta, deve esserci
l'intenzione, la ricerca, l'esplorazione. Fin quando quell'intenzione di
scoprire, di investigare in profondità, è debole o inesistente, le
dichiarazioni di principio o il desiderio casuale di conoscere se stessi non
valgono un gran che.
Dunque, la trasformazione del mondo è prodotta dalla trasformazione di sé,
perché il sé è, al tempo stesso, prodotto e parte del processo totale
dell'esistenza umana. Per cambiare, è essenziale conoscere se stessi; senza
la conoscenza di quel che si è, manca una base su cui possa fondarsi il
retto pensiero, e senza l'autoconoscenza non può esserci trasformazione.
Bisogna conoscersi per quel che si è, non per some si desidera essere:
quest'ultima è un'immagine ideale, e dunque fittizia, irreale; solo ciò che
è può essere trasformato, non ciò che si desidera essere. Conoscersi per
quel che si è richiede una mente eccezionalmente vigile, perché ciò che è
subisce continui mutamenti e per seguirli tempestivamente la mente deve
essere svincolata da qualunque dogma o credenza o modello d'azione. Se si è
pronti a seguire qualunque evoluzione, l'essere vincolati non può che
costituire un impedimento.
Per conoscere se stessi, è necessaria la consapevolezza, la prontezza di una
mente libera da ogni credenza, da ogni idealizzazione, perché credenze e
ideali sono come un'ombra colorata che distorce la vera percezione. Se
volete conoscere ciò che siete, non potete immaginare, o coltivare,
l'illusione di qualcosa che non siete. Se sono avido, invidioso, violento,
il semplice credere nella nonviolenza e nell'altruismo serve a ben poco. Ma
sapere di essere avido o violento, saperlo e comprenderlo, richiede una
percettività straordinaria, non è così? Richiede onestà e chiarezza di
pensiero, mentre perseguire un ideale diverso da ciò che è costituisce una
fuga, che impedisce di scoprire e agire direttamente su ciò che si è.
La comprensione di ciò che si è - brutti o belli, malvagi o disonesti, non
importa - la comprensione di ciò che si è, senza infingimenti, è l'inizio
della virtù. La virtù è essenziale, poiché dà la libertà. E' solo nella
virtù che si può scoprire, che si può vivere - ma non coltivando la virtù,
poiché questo non porta altro che rispettabilità. C'è differenza fra
l'essere virtuoso e il diventare virtuoso. L'essere virtuoso ha origine
dalla comprensione di ciò che è, mentre il diventare virtuoso è un modo di
temporeggiare, di sovrapporre ciò che si vorrebbe essere a ciò che si è.
Perciò, diventando virtuosi si evita di agire direttamente su ciò che è. Il
processo dell'evitare ciò che è coltivando l'ideale è ritenuto virtuoso; ma
se lo si considera attentamente e senza filtri, si vedrà che non è affatto
così.
E' semplicemente un modo di rimandare il momento in cui ci si troverà faccia
a faccia con ciò che è. La virtù non è il divenire di ciò che non è; la
virtù è la comprensione di ciò che è e, dunque, la libertà da ciò che è. La
virtù è essenziale in una società che si sta rapidamente disgregando. Per
creare un mondo nuovo, una nuova struttura che si distacchi dalla vecchia,
deve esserci libertà di scoperta; e per essere liberi, deve esserci virtù,
perché senza virtù non può esserci libertà. Può l'uomo immorale che si
sforza di diventare virtuoso arrivare mai a conoscere la virtù? L'uomo che
non è morale non potrà mai essere libero e, di conseguenza, non potrà mai
scoprire che cos'è la realtà.
La realtà può essere colta solo attraverso la comprensione di ciò che è; e
per comprendere ciò che è, deve esserci libertà, libertà dalla paura di ciò
che è.
Per comprendere tale processo, è necessario che ci sia l'intenzione di
conoscere ciò che è, seguire ogni pensiero, sentimento e azione; è
estremamente difficile comprendere ciò che è, poiché non è mai immobile, mai
statico, ma sempre in movimento. Ciò che è, è ciò che voi siete, non ciò che
vi piacerebbe essere; non è l'ideale, perché l'ideale è fittizio, ma è
invece quel che fate, pensate e sentite attimo per attimo. Ciò che è, è il
reale, e comprendere il reale richiede consapevolezza, una mente molto
vigile, molto pronta. Ma, se cominciamo a condannare ciò che è, se
cominciamo a criticarlo, o a opporci ad esso, allora non ne comprenderemo il
movimento. Se voglio capire qualcuno, non posso assumere un atteggiamento di
condanna nei suoi
confronti:
devo osservarlo, studiarlo, devo amare l'oggetto della mia indagine. Se
volete capire un bambino, dovete amarlo e non biasimarlo. Dovete giocare con
lui, osservare i suoi movimenti, le sue idiosincrasie, le sue modalità di
comportamento; ma se vi limitate a biasimarlo, se vi opponete a lui e lo
rimproverate, allora non sarete in grado di comprenderlo. Allo stesso modo,
per comprendere ciò che è, bisogna osservare i propri pensieri, sentimenti e
azioni attimo per attimo. Questo è il reale. Qualunque altra azione,
qualunque azione ideale o ideologica, non è il reale; è semplicemente un
desiderio, un'aspirazione illusoria a essere qualcosa di diverso da ciò che
è.
Comprendere ciò che è richiede uno stato mentale in cui non siano presenti,
né identificazione, né condanna, il che implica che la mente sia vigile e
tuttavia passiva. Siamo in quello stato quando realmente desideriamo, o
capiamo qualcosa; quando è presente l'intensità dell'interesse, si realizza
allora quello stato mentale. Quando si è interessati a comprendere ciò che
è, ossia l'effettivo stato della mente, non si ha necessità di forzarlo,
disciplinarlo, o controllarlo; al contrario, c'è un'attenzione vigile, ma
passiva. Questo stato di consapevolezza si realizza quando c'è l'interesse,
l'intenzione di comprendere.
La fondamentale comprensione di sé non si ottiene attraverso la conoscenza o
attraverso l'accumulazione di esperienze, che è semplicemente l'esercizio
della memoria. La comprensione di sé si realizza attimo per attimo; se ci
limitiamo ad accumulare la conoscenza di noi stessi, quella stessa
conoscenza impedisce ogni ulteriore comprensione, perché la conoscenza e
l'esperienza accumulate divengono il centro nel quale il pensiero converge e
trova esistenza. Il mondo non è diverso da noi e dalle nostre attività: è in
ciò che siamo, infatti, che hanno origine i problemi del mondo; per la
maggior parte di noi la difficoltà consiste nel fatto che non abbiamo una
conoscenza diretta di noi stessi, ma cerchiamo un sistema, un metodo, una
modalità d'azione attraverso cui risolvere i numerosi problemi umani.
Ma esiste un mezzo, un sistema per conoscere se stessi? Qualunque persona
intelligente, qualunque filosofo, può inventare un sistema, un metodo; ma è
evidente che l'adesione a un sistema potrà esclusivamente produrre un
risultato che è frutto di quel sistema. Se seguo un particolare metodo per
conoscere me stesso, avrò il risultato che quel sistema rende inevitabile;
ma è chiaro che tale risultato non sarà la comprensione di me stesso. In
altri termini, seguendo un metodo, un sistema, una teoria per conoscere me
stesso, plasmo il mio pensiero, le mie attività secondo un modello; ma
seguire un modello non vuol dire comprendere se stessi.
Dunque non esiste alcun metodo che conduca all'autoconoscenza. Cercare un
metodo implica invariabilmente il desiderio di conseguire un risultato - ed
è proprio questo che tutti noi vogliamo. Seguiamo l'autorità - se non quella
di una persona, quella di un sistema, di un'ideologia - perché desideriamo
un risultato che sia soddisfacente, che ci dia sicurezza. In realtà non
vogliamo conoscere noi stessi, i nostri impulsi e reazioni, l'intero
processo del nostro pensiero, il conscio e l'inconscio; siamo invece
piuttosto propensi ad abbracciare un sistema che ci assicuri un risultato.
Ma l'adesione a un sistema è invariabilmente il risultato del nostro
desiderio di sicurezza, di certezze, e ovviamente il risultato non è certo
la comprensione di sé. Quando seguiamo un metodo, dobbiamo avere delle
autorità - l'insegnante, il guru, il salvatore, il Maestro - che ci
garantiscano il conseguimento di ciò che desideriamo; e certamente non è
questa la strada che conduce all'autoconoscenza.
L'autorità impedisce la comprensione di sé, non è così? Trovare rifugio
presso un'autorità, una guida, può dare un senso temporaneo di sicurezza, di
benessere, ma questa non è certo la comprensione del processo globale del
sé.
Per sua stessa natura l'autorità impedisce la piena consapevolezza di sé e
perciò, in definitiva, distrugge la libertà, che è condizione essenziale
perché possa esserci creatività. E solo attraverso l'autoconoscenza può
svilupparsi la creatività.
La maggior parte di noi non è creativa; siamo macchine ripetitive, dischi
che suonano in continuazione le stesse canzoni dell'esperienza, le stesse
conclusioni e memorie, nostre o altrui. Una simile ripetitività non è
dell'essere creativo - ma è ciò che vogliamo. Poiché desideriamo la
sicurezza interiore, siamo costantemente alla ricerca di metodi e strumenti
per raggiungerla ed è per questo che creiamo l'autorità, l'adorazione di
qualcosa che è altro da noi, distruggendo così la comprensione, quella
spontanea tranquillità della mente che sola rende possibile uno stato di
creatività.
Certo, la nostra difficoltà sta nel fatto che la maggior parte di noi ha
perso questo senso di creatività. Essere creativi non significa dipingere
quadri o scrivere poesie e diventare famosi. Quella non è creatività, è
semplicemente la capacità di esprimere un'idea, che il pubblico apprezza o
non apprezza. Non bisognerebbe confondere il talento con la creatività.
Quest'ultima è uno stato dell'essere alquanto differente dal talento, uno
stato in cui il sé è assente, in cui la mente non funge più da centro delle
nostre esperienze e ambizioni, dei nostri sforzi e desideri.
La creatività non è uno stato continuo, ma si rinnova attimo per attimo, è
un movimento in cui non c'è né l'"io", né il "mio", in cui il pensiero non è
concentrato su alcuna particolare esperienza, ambizione, risultato, fine o
motivazione. Soltanto quando il sé si annulla, si realizza la creatività -
quello stato dell'essere che solo rende possibile la realtà, quello stato
che è creatore di tutte le cose. Ma tale stato non può essere concepito o
immaginato, non può essere formulato o copiato, non può essere conseguito
attraverso alcun sistema, alcuna filosofia, alcuna disciplina; al contrario,
si realizza soltanto attraverso la comprensione del processo totale del sé.
La comprensione di sé non è un risultato, un punto di arrivo; è il vedersi
attimo per attimo nello specchio dei rapporti - i propri rapporti con la
proprietà, le cose, le persone, le idee. Ma troviamo difficile essere
vigili, essere consapevoli, e preferiamo ottundere le nostre menti
abbracciando un metodo, accettando l'autorità, accogliendo superstizioni e
teorie gratificanti; in tal modo le nostre menti si logorano, si
esauriscono, diventano insensibili. Una mente in queste condizioni non può
essere in uno stato di creatività, che si produce solo quando il sé, ossia
il processo di riconoscimento e accumulazione, si arresta; la coscienza,
infatti, in quanto "io", è il centro del riconoscimento, e il riconoscimento
non è altro che il processo di accumulazione dell'esperienza. Ma abbiamo
tutti paura di non essere nulla, perché desideriamo tutti essere qualcosa.
Il piccolo uomo vuole essere un grand'uomo, il peccatore vuol essere
virtuoso, l'individuo debole e anonimo sogna il potere, il prestigio e
l'autorità. E' questo che tiene la mente incessantemente in attività. Ma una
mente in queste condizioni non può essere tranquilla e, di conseguenza, non
potrà mai comprendere lo stato di creatività.
Per cambiare il mondo che ci circonda, con la sua infelicità, le guerre, la
disoccupazione, la fame, le divisioni di classe e la confusione estrema,
dobbiamo realizzare un cambiamento in noi stessi. La rivoluzione deve avere
inizio dentro di noi - ma non seguendo una fede o un'ideologia, perché è
evidente che una rivoluzione la quale si fondi su un'idea o si conformi a un
particolare modello non è affatto una rivoluzione. Per produrre una
rivoluzione fondamentale dentro di sé, bisogna comprendere il processo
complessivo dei propri pensieri e sentimenti all'interno dei rapporti. E'
questa l'unica soluzione a tutti i nostri problemi - non quella di avere
ancora altre discipline, altre credenze, altre ideologie, altri maestri. Se
riusciamo a comprendere noi stessi Così come siamo attimo per attimo, al di
là del processo di accumulazione, allora vedremo sopraggiungere una
tranquillità che non è un prodotto della mente, una tranquillità che non è
né immaginata, né coltivata; e solo in tale stato di tranquillità può
esserci creatività.
Jiddu Krishnamurti
Se (Lettera al figlio, 1910)
Con questa lettera, datata 1910, Rudyard Kipling cercò di insegnare al figlio a distinguere fra il bene e il male.
Rudyard Kipling, Image By Aloria Weaver.
Se riesci a conservare il controllo quando tutti
Intorno a te lo perdono e te ne fanno una colpa;
Se riesci ad aver fiducia in te quando tutti
Ne dubitano, ma anche a tener conto del dubbio;
Se riesci ad aspettare e non stancarti di aspettare,
O se mentono a tuo riguardo, a non ricambiare in menzogne,
O se ti odiano, a non lasciarti prendere dall'odio,
E tuttavia a non sembrare troppo buono e a non parlare troppo saggio;
Se riesci a sognare e a non fare del sogno il tuo padrone;
Se riesci a pensare e a non fare del pensiero il tuo scopo;
Se riesci a far fronte al Trionfo e alla Rovina
E trattare allo stesso modo quei due impostori;
Se riesci a sopportare di udire la verità che hai detto
Distorta da furfanti per ingannare gli sciocchi
O a contemplare le cose cui hai dedicato la vita, infrante,
E piegarti a ricostruirle con strumenti logori;
Se riesci a fare un mucchio di tutte le tue vincite
E rischiarle in un colpo solo a testa e croce,
E perdere e ricominciare di nuovo dal principio
E non dire una parola sulla perdita;
Se riesci a costringere cuore, tendini e nervi
A servire al tuo scopo quando sono da tempo sfiniti,
E a tener duro quando in te non resta altro
Tranne la Volontà che dice loro: "Tieni duro!".
Se riesci a parlare con la folla e a conservare la tua virtù,
E a camminare con i Re senza perdere il contatto con la gente,
Se non riesce a ferirti il nemico né l'amico più caro,
Se tutti contano per te, ma nessuno troppo;
Se riesci a occupare il minuto inesorabile
Dando valore a ogni minuto che passa,
Tua è la Terra e tutto ciò che è in essa,
E - quel che è di più - sei un Uomo, figlio mio!
Rudyard Kipling, Image By Aloria Weaver.
SE IO POTESSI VIVERE UN'ALTRA VOLTA LA MIA VITA.
Se io potessi vivere un'altra volta la mia vita
nella prossima cercherei di fare più errori
non cercherei di essere tanto perfetto,
mi negherei di più,
sarei meno serio di quanto sono stato,
difatti prenderei pochissime cose sul serio.
Sarei meno igienico,
correrei più rischi,
farei più viaggi,
guarderei più tramonti,
salirei più montagne,
nuoterei più fiumi,
andrei in posti dove mai sono andato,
mangerei più gelati e meno fave,
avrei più problemi reali e meno immaginari.
Io sono stato una di quelle persone che ha vissuto sensatamente
e precisamente ogni minuto della sua vita;
certo che ho avuto momenti di gioia
ma se potessi tornare indietro cercherei di avere soltanto buoni momenti.
solo di momenti, non ti perdere l'oggi.
Io ero uno di quelli che mai andava in nessun posto senza un termometro,
una borsa d'acqua calda, un ombrello e un paracadute;
se potessi vivere di nuovo comincerei ad andare scalzo all'inizio della primavera
e continuerei così fino alla fine dell'autunno.
Farei più giri nella carrozzella,
guarderei più albe e giocherei di più con i bambini,
se avessi un'altra volta la vita davanti.
Ma guardate, ho 85 anni e so che sto morendo.
(BORGES)
L' AMORE CI SALVA
L'amore è sempre nuovo. Non importa che amiamo una, due, dieci volte nella vita:
ci troviamo sempre davanti a una situazione che non conosciamo.
L'amore può condurci all'inferno o in paradiso,
comunque ci porta sempre in qualche luogo.
E' necessario accettarlo,
perché esso è ciò che alimenta la nostra esistenza.
Se non lo accettiamo, moriremo di fame
pur vedendo i rami dell'albero della vita carichi di frutti:
non avremo il coraggio di tendere la mano e di coglierli.
E' necessario ricercare l'amore là dove si trova,
anche se ciò potrebbe significare ore, giorni,
settimane di delusione e di tristezza.
Perché, nel momento in cui partiamo in cerca dell'amore,
anche l'amore muove per venirci incontro, e ci salva...
Paulo Coelho, Sulla Sponda del Fiume Piedra
mercoledì 23 marzo 2011
Cielo e Nuvole, Mente e Pensieri.
" Quando la mente fluttua, vi sono due entità: la mente e il fluttuare, gli oggetti mentali e la mente stessa, le nuvole che fluttuano nel cielo e il cielo stesso. Due entità: le nuvole e il cielo.
Qualche volta potrebbe accadere - e accade - che vi siano così tante nuvole che il cielo scompare: non riesci a vederlo. Ma anche se non riesci a vederlo, non è scomparso, non può scomparire. E' impossibile fare in modo che il cielo scompaia.
E' presente: manifesto o nascosto, visibile o invisibile, sta lì.
Tuttavia esistono anche le nuvole. Se presti attenzione alle nuvole, il cielo è scomparso. Se presti attenzione al cielo, le nuvole sono solo accidentali: vanno e vengono. Non devi preoccuparti troppo per esse. Sono venute e se ne sono andate: non hanno distrutto il cielo nemmeno per un millimetro, non lo hanno sporcato, non lo hanno nemmeno sfiorato. Il cielo resta vergine.
Quando la tua mente fluttua, esistono due entità: una sono le nuvole, i pensieri, gli oggetti, le immagini; l'altra è la consapevolezza, la mente stessa. Se presti troppa attenzione alle nuvole, agli oggetti, ai pensieri e alle immagini, hai dimenticato il cielo. Hai dimenticato il padrone di casa, hai prestato troppa attenzione all'ospite. Questi pensieri e immagini vaganti non sono altro che ospiti. Se ti focalizzi su di essi, diventi immemore del tuo essere. Sposta l'attenzione dagli ospiti al padrone di casa, dalle nuvole al cielo. Fallo praticamente.
Insorge un desiderio sessuale: questa è una nuvola. Oppure insorge il desiderio di una casa più grande: un'altra nuvola. Puoi farti ossessionare da essa a tal punto da dimenticare completamente la persona che ha suscitato questo desiderio, da cui è insorto. Chi c'è dietro di esso? In quale cielo si sta muovendo la nuvola? Ricorda quel cielo e d'acchitto la nuvola scomparirà. Devi solo spostare il centro di interesse dall'oggetto al soggetto, dall'esteriore all'interiore, dalla nuvola al cielo, dall'ospite al padrone di casa.
Muta semplicemente prospettiva. "
Qualche volta potrebbe accadere - e accade - che vi siano così tante nuvole che il cielo scompare: non riesci a vederlo. Ma anche se non riesci a vederlo, non è scomparso, non può scomparire. E' impossibile fare in modo che il cielo scompaia.
E' presente: manifesto o nascosto, visibile o invisibile, sta lì.
Tuttavia esistono anche le nuvole. Se presti attenzione alle nuvole, il cielo è scomparso. Se presti attenzione al cielo, le nuvole sono solo accidentali: vanno e vengono. Non devi preoccuparti troppo per esse. Sono venute e se ne sono andate: non hanno distrutto il cielo nemmeno per un millimetro, non lo hanno sporcato, non lo hanno nemmeno sfiorato. Il cielo resta vergine.
Quando la tua mente fluttua, esistono due entità: una sono le nuvole, i pensieri, gli oggetti, le immagini; l'altra è la consapevolezza, la mente stessa. Se presti troppa attenzione alle nuvole, agli oggetti, ai pensieri e alle immagini, hai dimenticato il cielo. Hai dimenticato il padrone di casa, hai prestato troppa attenzione all'ospite. Questi pensieri e immagini vaganti non sono altro che ospiti. Se ti focalizzi su di essi, diventi immemore del tuo essere. Sposta l'attenzione dagli ospiti al padrone di casa, dalle nuvole al cielo. Fallo praticamente.
Insorge un desiderio sessuale: questa è una nuvola. Oppure insorge il desiderio di una casa più grande: un'altra nuvola. Puoi farti ossessionare da essa a tal punto da dimenticare completamente la persona che ha suscitato questo desiderio, da cui è insorto. Chi c'è dietro di esso? In quale cielo si sta muovendo la nuvola? Ricorda quel cielo e d'acchitto la nuvola scomparirà. Devi solo spostare il centro di interesse dall'oggetto al soggetto, dall'esteriore all'interiore, dalla nuvola al cielo, dall'ospite al padrone di casa.
Muta semplicemente prospettiva. "
giovedì 10 marzo 2011
TRANCE AS RESOURCE
Il tempo che stiamo attraversando é caratterizzato dalla irruzione delle moltitudini.
Le moltitudini non abitano un territorio, circolano per i varchi nelle faglie e si manifestano dove non sono aspettate: un giorno ad Atene un giorno a Londra, un giorno a Roma un giorno a Tunisi un giorno al Cairo...
Modifichiamo gli stati di coscienza facendo prevalere le forze del corpo danzante e dell’emozione su quelli della razionalità e della coscienza ordinaria.
Nuove identitá si mettono in gioco superando i confini assegnati dai ruoli della vita diurna, un’identità sociale prodotta dall’appartenenza a una tribù che si ritrova per una notte.
Il nostro stato di coscienza non é uno stato raccolto da un leader, semmai si produce contro il leader...é un momento: il momento della rivolta, che ha una sua durata un suo tempo, una sua storia...una sua musica.
Attraverso la Trance ci apriamo a percezioni di noi e degli altri che liberano gli individui dalle catene di un’identità fissa e limitata, dal vincolo di relazioni scandite e dall’incessante controllo delle impressioni che ci sentiamo costretti suscitare in chi ci sta di fronte
Identificandoci con la musica i limiti corporei sembrano sparire e l'universo che ci circonda diventa esso stesso musica.
La danza diviene momento di possessione da parte del proprio inconscio: soli con noi stessi e nel medesimo momento completamente connessi con l'universo che ci circonda.
be positive...good vibes
Le moltitudini non abitano un territorio, circolano per i varchi nelle faglie e si manifestano dove non sono aspettate: un giorno ad Atene un giorno a Londra, un giorno a Roma un giorno a Tunisi un giorno al Cairo...
Modifichiamo gli stati di coscienza facendo prevalere le forze del corpo danzante e dell’emozione su quelli della razionalità e della coscienza ordinaria.
Nuove identitá si mettono in gioco superando i confini assegnati dai ruoli della vita diurna, un’identità sociale prodotta dall’appartenenza a una tribù che si ritrova per una notte.
Il nostro stato di coscienza non é uno stato raccolto da un leader, semmai si produce contro il leader...é un momento: il momento della rivolta, che ha una sua durata un suo tempo, una sua storia...una sua musica.
Attraverso la Trance ci apriamo a percezioni di noi e degli altri che liberano gli individui dalle catene di un’identità fissa e limitata, dal vincolo di relazioni scandite e dall’incessante controllo delle impressioni che ci sentiamo costretti suscitare in chi ci sta di fronte
Identificandoci con la musica i limiti corporei sembrano sparire e l'universo che ci circonda diventa esso stesso musica.
La danza diviene momento di possessione da parte del proprio inconscio: soli con noi stessi e nel medesimo momento completamente connessi con l'universo che ci circonda.
be positive...good vibes
mercoledì 9 marzo 2011
Liberi di essere
Io non credo nella fede. La mia vita si basa sulla conoscenza, e la conoscenza è una dimensione totalmente diversa. Parte dal dubbio, non dalla fede. Non appena credi in qualcosa, hai smesso di indagare. La fede è uno dei veleni che più distruggono l'intelligenza umana.
Tutte le religioni si basano sulla fede, solo la scienza si basa sul dubbio. E vorrei che anche la ricerca religiosa fosse scientifica, basata sul dubbio; in questo modo non avremo più bisogno di credere e un giorno potremo arrivare a conoscere la verità del nostro essere, e la verità dell'intero universo.
Tutte le religioni si basano sulla fede, solo la scienza si basa sul dubbio. E vorrei che anche la ricerca religiosa fosse scientifica, basata sul dubbio; in questo modo non avremo più bisogno di credere e un giorno potremo arrivare a conoscere la verità del nostro essere, e la verità dell'intero universo.
L'amore
Sarai sorpreso di sapere che la parola inglese Love deriva da un termine sanscrito, lobha; lobha vuo dire avidità. Forse è una coincidenza, ma la mia sensazione è che non possa essere sempre così. Dietro deve esserci qualcosa di più misterioso, una ragione alchemica.
Infatti l'avidità, una volta assimilata, si trasforma in amore. E' avidità, lobha, che una volta assimilata, ben digerita, si trasforma in amore.
L'amore è condivisione, l'avidità è accumulo, possesso. L'avidità si limita a voler possedere, senza mai dare, mentre l'amore conosce solo il dare, senza mai chiedere nulla in cambio; è condivisione senza condizioni.
Deve esistere qualche ragione alchemica per cui lobha è diventato love nella lingua inglese. E, dal punto di vista dell'alchimia interiore, lobha si trasforma sicuramente in love: l'avidità, la bramosia diventa amore.
Infatti l'avidità, una volta assimilata, si trasforma in amore. E' avidità, lobha, che una volta assimilata, ben digerita, si trasforma in amore.
L'amore è condivisione, l'avidità è accumulo, possesso. L'avidità si limita a voler possedere, senza mai dare, mentre l'amore conosce solo il dare, senza mai chiedere nulla in cambio; è condivisione senza condizioni.
Deve esistere qualche ragione alchemica per cui lobha è diventato love nella lingua inglese. E, dal punto di vista dell'alchimia interiore, lobha si trasforma sicuramente in love: l'avidità, la bramosia diventa amore.
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